sabato 8 marzo 2014

Aggettivo indescrittivo


Non è possibile trovare un unico aggettivo che descriva una personalità, anche il più apparentemente mediocre, è un caleidoscopio di caratteristiche quasi infinite. Certamente scegliendo con attenzione alcuni aggettivi potremmo riconoscere delle persone all’interno di un dialogo, ma sarà sempre un’ingiusta e superficiale approssimazione. Il singolo aggettivo può andare  bene per i personaggi della fantasia, per i miti, come il saggio Tiresia , il divino Giove, la bella Venere e il vagabondo Ulisse, ma non per la gente reale. In essi il singolo aggettivo racchiude la storia, è come la carta dei personaggi in certi giochi di ruolo, o la figurina del calciatore.  Ma la psicologia ha deciso che siamo più complessi, e ha spazzato via i personaggi bidimensionali, a favore di quelli iperdimensionali, alla Pirandello, per capirci. Ciò non ha nulla a che fare con l’unicità di ogni essere umano, ma solamente con la consapevolezza che l’aggettivo diventa etichetta, mutilando chi la riceve. Non c’è dubbio che spesso si  esponga  una maschera che invita a farsi classificare in un certo modo, che ci propone come un prodotto da scaffale, come un genere musicale. Siamo noi a farlo, spesso parlando di noi, vestendoci, raccontando le nostre scelte. E’ attraverso un aggettivo che si separano gli amici dai nemici e quando diventa il  passaggio da umano a disumano, è l’aggettivo ad aprire la strada per la violenza.  A volte poi gli altri insistono per raccontarci quale aggettivo hanno scelto per noi, e non è mai il semplice innocuo-pericoloso, come l’istinto vorrebbe, oppure il amico-nemico, l’infantile bello/buono-brutto/cattivo; spesso vanno a cercare la cosa più ambigua, sfumata, indefinita, ma che ha un preciso sapore immediato, generalmente amaro. Sì, lo so, sono cervellotico.



Foto: Maschera dell'Associazione Culturale Boes e Merdules, Ottana (Nu)

sabato 8 febbraio 2014

Il Vuoto



Secondo il Dao, ma anche secondo il buon senso, tutto nasce dal vuoto e il vuoto ha valore.
Un vaso lo si apprezza per la sua capacità, che è  il suo vuoto. Così una porta la si utilizza per la sua parte vuota in cui si può passare. Il vuoto contiene, accoglie, consente l’esistenza. Tutto ciò è un vuoto di prospettiva, ovvero che in futuro potrebbe essere occupato. Più difficile è cogliere l’utilità del vuoto per mancanza o per sottrazione. Se guardo un portafoglio vuoto non immagino il futuro guadagno, ma l’immediata spesa. Così una pancia vuota e affamata, un letto mezzo vuoto, una cornice vuota. Eppure il vuoto è sempre lo stesso, ma noi lo cogliamo differente. Da un lato una potenzialità, dall’altro un dolore. Allora chiudo l’attenzione su me stesso e faccio vuoto tra i pensieri, se ci riesco, i due sapori del vuoto iniziano a somigliarsi, poiché sono proprio i pensieri che spengo a renderli diversi.
In un teatro vuoto gioco con la mia voce e la scopro per la prima volta. Devo usarla per riempirlo, per esplorarlo come un pipistrello. I verbi del vuoto, vibrare, risuonare, iniziano ad appartenermi. Nelle cavità del mio corpo la voce impara a vestirsi, a trasformarsi, da istinto naturale a manifestazione della volontà. Nell’utero materno, il vuoto-pieno per eccellenza, il mondo esterno ci raggiunge solo con i suoni, ora provo io a raggiungerlo. Non posso sapere se questo è un percorso o una sosta, per ora è un possibilità nuova che occupa lo spazio.
Il vuoto ci protegge dal turbino dei pensieri che fanno di una mente occlusa un peso inutile, peggio di una mente vuota.

Foto: Teatro Oscar Pacta - 2 Febbraio 2014

domenica 12 gennaio 2014

L'idea (piccola) di Libertà


Pasticciare avanzi di una festa per tutto un pomeriggio, senza aspettare una vera è propria cena: questa è libertà. 
Vagare di notte, nella strada, nella rete e nei libri, per poi dormire di giorno: questa è libertà.
Mischiare gli ingredienti seguendo solo l'immaginazione di cosa diverrà: questa è libertà.
Sospendere, anche per poco, abitudini, abbigliamenti, orari, sequenze: questa è una (piccola) libertà.
Non conoscendo la Libertà, intendo nel senso più alto possibile, provo a cercarla nel piccolo, sperando che ogni episodio sia la tessera di un mosaico definitivo, e che si possa riconoscerla anche disponendo di pochi pezzi.
Domani torno al lavoro, riuscirò a farlo diventare un pezzo della mia libertà?



foto: L'idea di sedia, gennaio 2013