venerdì 27 aprile 2012

Memorie dal sottogranchio



La sensazione è quella di una mano che ti afferri la faccia, come un granchio invisibile aggrappato ai lati del volto. Nessun dolore, solo un fastidio come un peso. In quelle mattine in cui mi alzo con questa sensazione già so che andrà tutto storto e non c’è nulla che possa smentire questa previsione. Il primo effetto è il non voler affrontare il giorno, sapendo che il minimo pensiero potrà turbarmi. Il secondo è un’ipersensibilità all’umanità generica, ovvero un’assoluta intolleranza a tutto. Tutti gli altri sono effetti conseguenti: quindi ogni borsa sarà inadatta alla macchina fotografica, ogni valigia sarà o troppo grande o troppo piccola, le cose da portare in viaggio sono troppe e, allo stesso tempo, troppo poche. L’esperienza è contagiosa: oggi in due servizi consecutivi ad un telegiornale hanno esaltato il week-end di sole che invita al mare e hanno conseguentemente descritto il Sole come il più velenoso degli elementi naturali. Per non parlare di una sterile polemica sul fatto che al concorso Miss Costarica non possano partecipare le donne sposare ma lo possano i transessuali, e quindi in cavillosa e moralistica definizione di “signorina”. Per fortuna nel tardo pomeriggio mi è venuto un semplice mal di testa, così alla domanda “che cos’hai oggi?” posso rispondere senza dover srotolare un post da anziano lamentoso sui mezzi pubblici.

foto: "100 sogni morti sul lavoro" Installazione di Gianfranco Angelico Benvenuto, Piazza Duomo, Milano

sabato 21 aprile 2012

20 Aprile 2012

Alla fine tutto si è svolto come in un racconto complicato, dove la trama lascia spazio affinché l’imprevisto vi ci si infili senza farlo mai. Alla fine del giorno quando tornavo in auto e il sole ad ovest calava visibilmente, sui cantieri abbandonati dal lavoro, ne avevo la consapevolezza. La preparazione impeccabile, la presenza di tutta la  famiglia, le settimane di tensione ormai dissolta ne sono stati i protagonisti. E così, con un sorriso raggiante, senza tentennamenti, con una serenità fatale, mia sorella si è sposata. E si è sposata veramente. Ed eravamo tutti li con il libretto azzurro in mano come se fosse un gioco, una recita organizzata, invece di cogliere che da quel giorno sarebbe cambiato tutto. Anche il cielo che ha deciso di rovinare la Primavera ieri si è messo dalla parte dei simboli e ha aspettato il “sì” per cambiare colore. I sorrisi degli invitati si sono sciolti nel vino, non quelli di cera dei camerieri, che alla fine del giorno avranno doloranti i piedi e la faccia. Io che sono sempre in ritardo, non sui tempi, ma sulla sceneggiatura, mi sono accorto che non ero più teso solo verso sera quando ho incominciato a cercare i confetti nelle tasche stracolme degli invitati. Quando mio cognato (perché adesso ne ho uno anche io) mi ha detto: ma noi non abbiamo ancora brindato. Abbiamo fatto una curva ed è cambiato il paesaggio, ma è lo stesso viaggio.

foto: 20 Aprile 2012

domenica 8 aprile 2012

Fragile castello di ghiaccio


Stuzzico sadicamente il pensiero che ha fatto crollare tutto. Un’idiozia rimasta nascosta tra l’irregolarità del flusso dei ricordi, uno sciocco dolore tamponato dalla logica. Così come un creditore senza rimorsi si è ripresentato, nel nuovo scenario, chiedendomi di considerarlo alla luce dei nuovi fatti. Come dire “raggiunto in carcere da un nuovo avviso di custodia”, come se non bastasse l’ergastolo. Non si è sentito il boato? Il castello crollare? Certo che sapevamo che una costruzione di materiali deperibili sarebbe crollata, ma i nuovo lavori alle contrafforti avrebbero dovuto sostenerli. Eppure avevo gli occhi pieni di serenità gratuita dopo aver visto la mia famiglia muoversi come un solo organo sano e coordinato, quando poi anche gli altri parenti si sono uniti come fibre di uno stesso muscolo, e  mi sono rallegrato della mia fortuna. Ma ciò non centra, è successo oggi e pensavo che sarebbe stato il centro della mia giornata, non immaginavo cosa sarei riuscito a produrre. Un niente, è bastato un niente, perché questo grande tesoro si svalutasse come la Lira nei materassi nascosti nelle campagne. Un tarlo armato di martello pneumatico ha deciso di farmi compagnia nella mia solitudine e ha iniziato un concerto di pensieri che sembrano vicoli di Marrakech, che non portano in nessun luogo, ma tutti conducono a muri lisci in angoli ombrosi. Così mi rifugio nell’urlo, che tanto odio, nell’inutile sceneggiatura del già detto da migliaia di anni. Sicuramente in qualche Shakespeare c’è una più degna rappresentazione e migliaia di attori nella storia l’avranno rappresentata con gusto, sforzandosi di renderla chiara al pubblico, magari privi dell’adeguata esperienza personale. Non chiedete a me: io non so raccontare, posso solo abbindolarvi con metafore che vi ci portino vicino, ognuno per la propria immaginazione, ma sempre lontano da qui, dove quando il giaccio che si scioglie lascia un’acqua inutile che si può solo buttare nel lavandino.

foto:  fragile castello di ghiaccio

giovedì 5 aprile 2012

Se fosse solo acqua


Arriva la pioggia di primavera e ritornano anche quelle sensazioni, come le rondini e il vestiti leggeri. La debolezza che Aprile mi porta mi spinge rifugiarmi nei sogni per non vedere il limite che abbatterebbe ogni slancio. Oggi appena il cielo si è presentato perfettamente grigio fuori dalla metropolitana, l’aria umida e fresca, ho pensato che fosse uno di quei giorni in cui bisognerebbe rinchiudersi in un bar, con la vetrina che da sulla strada a leggere quotidiani. Si potrebbe guardare le gente che passa per strada, scovare bellezze incantevoli nei visi distratti delle ragazze, svelare dinamiche inimmaginabili nei lavori più banali. I giornali servirebbero come alibi per abbassare gli occhi, magari sperando che tra tante parole  inutili, si sia infilato un articolo ispiratore, una foto che ti tolga il fiato, non con la cruda banalità del male, ma con una folgorante originalità. Oppure potremmo passeggiare in silenzio, chiaccherando e ridendo, telepaticamente.

foto: it doesn't fit. 5 aprile 2012

martedì 3 aprile 2012

Cooking with myself


Tornato dall’ufficio ho fatto la spesa. E’ difficile da spiegare ma è bellissimo scegliere gli ingredienti per cucinare, non fare acquisti, non fare shopping, ma comprare le cose con cui cucinerai. Non mi vergogno a dire che passo davanti ai sughi già pronti sbirciandoli, non per desiderio, ma per trarne ispirazione. Ovviamente la sosta più lunga è davanti ai vini e al mio desiderio di riuscire a ricordare i nomi o le etichette dopo che ho svuotato le bottiglie. L’invito ad un’amica come conforto psicologico a questa cena e come stimolo per il mio impegno è andato a vuoto: è destino e  cucinerò solo per me. Così ho fatto e l’ho fatto giocando, perché io che non gioco mai con i giochi poi gioco con le cose serie. Gioco con il cibo, gioco con le parole, gioco con i sensi, gioco con me (però in quel caso si finisce sempre le litigare). Così mentre  i vicini urlano per una partita la mia pentola fa urlare il soffritto e il forno non fischia il rigore ma richiama la mia attenzione con la campanella. Ricetta della serata: tortino di bresaola ripiena di frittatina alle verdure e riso al (troppo) curry con nasello, il vino lo segno qui così me lo ricordo ed era una Chardonay LaVis del 2010. E riletto fa molto cool, se mi fregasse qualche cosa lo ripeterei ad un aperitivo alla milanese. Invece le tortine replicheranno sabato per la mia famiglia e per la prima volta che cucinerò per loro nel mia casa. Inizia a sembrare vero.

foto: mai sottovalutare le fotografie di Cucina Italiana, mai.