giovedì 22 novembre 2018

Il posto degli indovini


Non esiste un equilibrio tra legge e dovere. La legge, sia essa frutto di un profondo ragionamento, di un processo storico o di un capriccio dispotico è per sua natura ineccepibile. E’ solidamente statica nel suo dispositivo grammaticale e agisce, nei modi e nei tempi che descrive,  quando le condizioni che esse stessa prevedono la fanno innescare. Ci sono le attenuanti ma sono descritte per legge e non possono invertirne il senso. C’è il dovere che agisce secondo una legge morale, o etica, collettiva o individuale. Al dovere e alla legge si può disobbedire grazie al consiglio dei saggi o degli indovini, dipende dalle epoche e dalle letterature. Antigone non poteva obbedire alla legge e lasciar marcire il cadavere del fratello sotto le beccate degli uccelli. Il disposto di Creonte secondo cui il corpo del traditore non dovesse aver sepoltura, per lei decadeva di fronte ad un comando che arrivava dal passato, dagli avi, da un non codificato messaggio insito nei valori familiari. 
Creonte non si mosse a pietà e volle mantenere salda la sua legge per non sembrare debole di fronte al popolo e non far vacillare l’autorità: se la legge viene manipolata a piacere il legislatore non è più credibile, perché non è più il punitore; nella punizione sta il senso della legge. L’oracolo lo convinse a cambiare idea perché la sventura del suo atto era evidente nelle sue arti. Antigone forte della sua missione morale non accetta l’eterna prigionia e si uccide, accecata dall’idea della inevitabilità della morte per aver violato la legge degli uomini (benché abbia rispettato quella degli dei). Antigone non ha oracoli che la consiglino ma ha la storia e il mito di Danae che condanna dal padre (su previsione di un oracolo) alla prigionia in una torre per non avere figli viene fecondata da Zeus. Se avesse atteso sarebbe stata salvata dal pentimento di Creonte e forse dall’azione del figlio del re, Emone.
Creone ricorre all’oracolo per sentirsi dire ciò che nella sua coscienza già sa e che può leggere negli occhi dei tebani, nonché ascoltare nei consigli di chi gli è vicino.
Edipo ricorre all’oracolo di Delfi per trovare il modo per liberare la città dalla sofferenza e ricorre all’oracolo Tiresia cieco per scoprire la verità sull’assassinio del re precedente. Tutta la storia di Edipo è legata agli oracoli. Suo padre lo fece abbandonare perché l’oracolo aveva previsto che sarebbe morto per mano del figlio, quando Edipo scopre la morte di chi pensava fosse suo padre , crede di aver sconfitto la previsione. Ma il suo vero padre era già stato ucciso da lui anni prima. L’oracolo gettò sulle spalle di Edipo un vaticinio appiccicoso, ma se Edipo avesse potuto conoscerlo prima dell’incidente col padre avrebbe potuto evitarlo? Di fatto si esiliò per evitare di uccidere chi pensava fosse suo padre ma non rinunciò a portare con sé la violenza con cui ha ucciso il suo vero padre. Edipo cieco diventa un oracolo e fa previsioni sui figli maschi, sul re di Colono, ma non sulle figlie. Sarà il figlio a chiedere alla sorella una degna sepoltura in caso di sua morte, perché le legge era chiara. Edipo si acceca per non dover più guardare il mondo e i suoi famigliari nemmeno nell’Ade, si obbliga a guardare dentro di sé e così diventa un indovino. Il nostro destino se è scritto è scritto dentro di noi, non nel genoma, ma nella storia delle nostre azioni che solo noi conosciamo, nel fondo del buio che fa tanta paura.



Foto: Stones, Agosto 2018

martedì 13 novembre 2018

Le “meraviglie” del 2000


Emilio Salgari scrisse “Le meraviglie del duemila” nel 1907 immaginandosi due uomini americani che grazie ad un antico liquido si siano addormentati per 100 anni risvegliandosi nel secolo successivo. Questo romanzo è considerato un precursore della fantascienza italiana, ma si sà che la fantascienza scienza non è , anzi spesso è usata per parlare più del presente che  del futuro. Certo è affascinante cercare ciò che Salgari ha indovinato o previsto e fa tenerezza una certa fiducia nel progresso tecnologico fatto di elettricità, acciaio e gigantismo. Se dovessi indovinare da questo libro cosa pensasse Salgari del suo tempo però ne avrei quasi ribrezzo. La società ideale dell’autore è molto  più vicina ad un incubo che a un desiderio utopico. Sembra che il destino dell’umanità sia “vivere e lavorare in tranquillità” poiché grazie all'elettricità non solo la locomozione e la produzione in generale sono facilitate, ma anche gli uomini si muovono più velocemente per via degli ambienti elettrizzati. Il pianeta ormai è iperpopolato (meno dell’attuale) e ogni foresta è stata eliminata per coltivare la terra; il legno del resto non serve più, come ogni combustibile fossile, a parte il radium: fonte di luce e di calore infinite. La popolazione dominante è quella europea-americana che ha dominato il mondo , mentre eschimesi e nativi americani sono quasi scomparsi a causa della loro non accettazione del progresso. I cinesi hanno rischiato di scomparire per fame e li abbiamo salvati per un pelo. Nel romanzo c’è un solo negro e ovviamente è un servo. Ci sono i ricchi e i poveri, perché come sottolinea l’autore, così è sempre stato. Solo che i ricchi mangiano a tavola con piatti serviti automaticamente dai ristoranti, mentre i poveri (quelli che devono sbrigarsi a mangiare per andare a lavorare) inghiottono pastiglie tipo astronauti. 
La bella  notizia è che Marte è popolato e che i “martiani” possono comunicare con noi, la brutta è che sono molto “brutti”, o buffi secondo i punti di vista. I governi hanno abolito la guerra per non distruggersi (siamo nel 1907) e agiscono come coordinatori del progresso, assicurando i carcerati in prigioni sottomarine e gli anarchici al Polo Nord, in modo che si raffreddino gli animi.
Dei socialisti si fa cenno alla loro estinzione per inutilità o per noia, poiché la Russia è una repubblica e la Siberia uno stato a parte. L’Europa ha perso i grandi imperi ed è nata la Polonia. Su tutti vige il tribunale dell’Aia. L’Italia ha riconquistato Istria, Dalmazia, Nizza e Corsica. 
Che cosa resta della società futura di Salgari,a parte gli esili e le stragi di ribelli ? Una società dedicata al lavoro e che non ha possibilità di progresso ulteriore se non colonizzando lo spazio. Il nostro Emilio non parla di arte, di letteratura, di musica, come se fossero ornamenti di una civiltà preistorica. Non parla di religione né di spiritualità. Ci confeziona città di grattacieli e macchine volanti , atmosfere elettriche e una morale rigida di lavoro e accettazione del presente. Si fa venire un dubbio solo nelle ultime due righe: una società così forse è solo destinata ad impazzire? 
Quanto avrei voglia di vedere questo mondo tra cento anni, ma temo che sarebbe cambiato poco da oggi. Certo nuove scoperte sconvolgerebbero la mia concezione del quotidiano ma che fine avranno fatto i sette miliardi di abitanti? Nessuna nuova guerra planetaria?  Lo spazio sarebbe a portata di mano? I genitori registrerebbero i figli su Facebook alla nascita? E i loro nomi inizieranno per “#”? Non è possibile, il nostro è un piccolo presente per essere base di un futuro a lungo termine. Se è vero meglio così: si può ancora fare qualche cosa! Al limite ci si vede al Polo Nord.


Foto: Quadrisfera -  Museo Casa Cervi - Gattatico (RE)