venerdì 29 giugno 2012

Myself


C’è un gran silenzio ovunque, solo di tanto in tanto qualche rumore di sedie spostate: sta per iniziare la partita. Aderisco molle alla presa del divano, con il braccio destro lungo lo schienale tengo il bicchiere tra i polpastrelli facendolo girare pigramente. L’altra mano è appoggiata sulle gambe con l’anulare che fa da segnalibro alla rivista. Ho abbassato tutta la luce della casa, un po’ ne filtra tra le fessure delle tapparelle, resta una lampadina alle mie spalle che mi ricorda che non ho ancora comprato un lampadario. Troppo buio per leggere, troppo caldo per muoversi. Inizia l’inno, lo ascolto in lontananza dall’audio dei vicini, tutti i vicini. Lo canticchio piano, lo trovo sempre molto coinvolgente. Iniziano le urla sconnesse, le bestemmie, i “no” e i “sì”, per lo meno non ansimano. Credo che avrebbe più senso, e forse sarebbe l’unica attività che possa muovermi ora da qui. Casa, divano, whisky, penombra, quando ho immaginato questo traguardo? Quanti anni sono passati dalla prima volta che l'ho? Oggi sento che l’ho raggiunto. Vuoto il bicchiere, mi alzo, accendo la radio e prendo la macchina fotografica: mi riconosco.

foto: It's my time now, 29 giugno 2012

venerdì 22 giugno 2012

Si chiama Estate


L’odore dell’estate è quella dei tigli, dell’aria calda della pianura che sa di prato e resta ferma sotto il naso. E’ il calore dolce del tramonto, quasi fosse una promessa per una notte accogliente e non insonne e sudata come invece sarà. Le voci dei bambini non sono soffocate dalle case, dai lampi del televisore acceso, ma squillano e ripetono le stesse frasi da migliaia di anni, così i richiami delle madri. Vorrei chiamare l’amico di tutta un’infanzia e urlargli, ridendo al telefono, “non è cambiato niente! non è cambiato niente”. Quell’eterno gioco a nascondino, le cretinate dette, oppure i segreti raccontati a bassa voce quando il cielo era già scuro e ci faceva sentire grandi ritardare l’ora del rientro. Oggi il mio amico starà facendo lo stesso pensiero guardando le sue due figlie giocare in giardino. Maledetta adolescenza che avveleni i giochi dell’infanzia per scimmiottare la tragedia degli adulti. Così da adulti giochiamo a fare i bambini ma senza l’impegno e l’illusione del tempo infinito e la volontà di voler occupare tutta un’estate.


foto: Summertime, 22 giugno 2012

domenica 10 giugno 2012

Gli ultimi saranno in ritardo


Sono spesso in mezzo a noi ma li percepiamo solo come un fastidio, nulla di più, senza ipotizzare che possano essere altrimenti, come le zanzare. Da quando sono apparsi sulla sulla terra sono  stati allontanati, cacciati, rinchiusi, schiavizzati, sterilizzati, massacrati eppure sono ancora nelle nostre città ma noi ne vediamo solo la mano tesa. Se strizzassimo un po’ gli occhi potremmo cercare di mettere a fuoco il polso, il braccio e infine la persona che c’è in fondo.  Mi sono fatto una domanda, ma com’è possibile che ci sia gente che viva così per scelta? Com’è possibile che si possa voler vivere da nomadi, nelle roulotte, nei campi? Chi può scegliere come vita il mendicare, piccoli furti o truffe? Non sapendo dove trovare la risposta il caso mi ha messo nelle mani un libro. Anzi il libro, una vera enciclopedia del mondo romanès e della loro cultura, perché guarda caso ne hanno una. Anzi, nonostante la persecuzione hanno conservato gelosamente la loro cultura, intatta, non arresa. I mendicanti che incontriamo sono la parte evidente di un popolo disperso nel mondo, per lo più integrato e sedentario. Ovviamente noi vediamo solo gli “zingari” che ci tendono insistentemente la mano, un gesto di resa per un popolo che non si è mi arreso ed è l’unico popolo che non ha mai dichiarato guerra a nessuno. Non basta un libro per allontanare la diffidenze, a me non è bastato, ma scardina la visione monocromatica del bianco e del nero, del giusto e dello sbagliato, della ragione e del torno, del raccontato e del vissuto. Santino Spinelli è una Virgilio molto bravo se in un giorno di ardore vorrete liberare un pezzo del vostro pensiero mai abbastanza libero.

Foto: In una piazza vicina, il giorno dell’arrivo del papa a Milano.

venerdì 8 giugno 2012

La chiave di un universo in promozione diretta

E’ comparso improvvisamente con una frase del tipo “ciao sono un cantautore e mi promuovo proponendo direttamente il mio cd”, e abbiamo scherzato e chiaccherato interrogandolo sul quanto fosse difficile fare musica per mestiere, oggi, qui. Il cd l’ho comprato, non certo per pietà o solidarietà, ma perchè ad ogni copia aveva incollato un piccolo oggetto preso da casa sua. All’inizio avevo addocchiato quello con una piccola ambulanza giocattolo, ma alla fine ne ha tirato fuori uno con una piccola chiave metallica. “Che chiave è?” aspettandomi un “bho”, invece lo sapeva ed era la chiave dalla cassa del negozio di ferramenta di suo padre. In quel momento avevo davanti un uomo, una storia, tante storie, un vorticare di universi passati e presenti. La chiave era quella della cassa della ferramenta e lui ci aveva lavorato il sabato, poi la chiave gli era rimasta, probabilmente persa in un barattolo o in scatola di cianfrusaglie, per ricomparire incollata alla copertina del suo disco. Non so se riesco a trasmettere il fatto che tutto ciò mi sembra straordinariamente bello, unico, quasi magico. Tengo in mano la chiave e mi sembra di sentire l’odore della ferramenta, la luce del sole che illumina in maniera differente i vari oggetti, le latte colorate, l’odore della polvere.  Ora che sto ascoltando la sua musica riconosco il suo modo di parlare nei suoi testi, in un modo più diretto e deciso di quella sera , adesso  immagino il suo ciuffo biondo oscillare al tempo degli accordi. E’ incredibile quanta vita si possa rubare in pochi minuti.

foto: Libero Tutti / Paolo Fan - giugno 2012

domenica 3 giugno 2012

In fondo anche questa è una preghiera

Secondo me è una contraddizione eccessiva che si parli di religioni contro religioni, di anti e di pro, proprio perché l’argomento è così universale che sembra un cielo. Io ci sono (ne sono quasi convinto), un dio o più forse, se però c’è tutto diventa semplice altrimenti tutto è un po’ demoralizzante, come  cercare parcheggio per andare a lavorare. Preso per buono questo punto di partenza ci si inizia a scannare sul resto: sui riti, i comportamenti individuali e sociali, i ruoli e i poteri. Ma questo cosa c’entra con la religione? Come se per organizzare le vacanze in gruppo non si decidesse se mare, città o montagna, ma il gusto del gelato che deve mangiare. Premesso che preferisco i gelati alla frutta e le città, non ne faccio una dottrina. Così un piccolo prete si ritrova schiacciato da un’immagine e un pregiudizio che riguarda un cardinale perverso e intrallazzato, si vendono santini e viaggi miracolosi, perdendo tempo a cercare di essere felici immaginando un amplesso col carrello del centro commerciale. Da qui diventa facile semplificare tutto come se i mussulmani fossero tutti farsi esplodere, i buddisti prendessero fuoco spontaneamente o i testimoni di Geova molestassero con gusto i citofoni. Mi ricordo che da piccolo a catechismo quando spiegavano che Dio mandò suo figlio per portare ordine nel casino che c’era la cosa mi sembrava molto logica, meno logica mi sembrò allora e oggi ancora peggio, che il casino due mila anni fa fosse peggio di questo. Cosa c’era di più o di meno? Le guerre ci sono, lo sfruttamento c’è, l’ingiustizia c’è, la miseria c’è, l’odio c’è e in più abbiamo il capitalismo e distruggiamo anche il pianeta. Forse l’unica grande opera è ricostruire la Torre di Babele, così si incazza di nuovo ma almeno di fa sentire.

Foto: Nun (?), presidio anticlericale Milano, 2 giugno 2012