Stuzzico sadicamente il pensiero che ha fatto crollare tutto. Un’idiozia rimasta nascosta tra l’irregolarità del flusso dei ricordi, uno sciocco dolore tamponato dalla logica. Così come un creditore senza rimorsi si è ripresentato, nel nuovo scenario, chiedendomi di considerarlo alla luce dei nuovi fatti. Come dire “raggiunto in carcere da un nuovo avviso di custodia”, come se non bastasse l’ergastolo. Non si è sentito il boato? Il castello crollare? Certo che sapevamo che una costruzione di materiali deperibili sarebbe crollata, ma i nuovo lavori alle contrafforti avrebbero dovuto sostenerli. Eppure avevo gli occhi pieni di serenità gratuita dopo aver visto la mia famiglia muoversi come un solo organo sano e coordinato, quando poi anche gli altri parenti si sono uniti come fibre di uno stesso muscolo, e mi sono rallegrato della mia fortuna. Ma ciò non centra, è successo oggi e pensavo che sarebbe stato il centro della mia giornata, non immaginavo cosa sarei riuscito a produrre. Un niente, è bastato un niente, perché questo grande tesoro si svalutasse come la Lira nei materassi nascosti nelle campagne. Un tarlo armato di martello pneumatico ha deciso di farmi compagnia nella mia solitudine e ha iniziato un concerto di pensieri che sembrano vicoli di Marrakech, che non portano in nessun luogo, ma tutti conducono a muri lisci in angoli ombrosi. Così mi rifugio nell’urlo, che tanto odio, nell’inutile sceneggiatura del già detto da migliaia di anni. Sicuramente in qualche Shakespeare c’è una più degna rappresentazione e migliaia di attori nella storia l’avranno rappresentata con gusto, sforzandosi di renderla chiara al pubblico, magari privi dell’adeguata esperienza personale. Non chiedete a me: io non so raccontare, posso solo abbindolarvi con metafore che vi ci portino vicino, ognuno per la propria immaginazione, ma sempre lontano da qui, dove quando il giaccio che si scioglie lascia un’acqua inutile che si può solo buttare nel lavandino.
foto: fragile castello di ghiaccio
foto: fragile castello di ghiaccio