Le parole si bloccano o si travestono da baccanti umoristiche se cercano di parlare della situazione italiana sia politica che sociale. La rabbia si appallottola in un grumo di saliva che soffoca, allora bisogna lasciarla defluire piano, ridendo, perché non è più tempo di spiegazioni e di ragionamenti. Di fronte a tutto ciò non c’è nulla da analizzare o da capire, se non per scoprire che non è il fondo del pozzo e che c’è già chi sta scavando. La generazione dei nonni ha costruito, quella dei padri ha lasciato che ciò che c’era da finire diventasse libero di distruggere il costruito, la nostra ora deve pagare il prezzo di essere consapevole del declino, la nuova avrà almeno la possibilità di ricominciare senza eredità. Se guardo la fantascienza sorrido, temevamo il disastro nucleare, invece ci troviamo quello sociale, temevamo gli alieni ma covavano il nemico dentro, chiamavamo utopia un progetto e oggi facciamo di tutto per addormentarci e non sognare. Eccolo il postmoderno, l’assenza del desiderio, la mancanza del progetto di un futuro migliore, mentre ci accontentiamo che il domani sia poco meno peggio dell’oggi. Ma tutto ciò perché? Perché lo tolleriamo? Perché aspettiamo che la palla di rabbia nelle nostre gole esploda portandoci a fare cose che poi condanneremo nei libri di storia? Ho sempre pensato che gli U.S.A. fossero un anticipo del nostro presente e che, in un modo o nell’altro, avremmo seguito le loro evoluzioni; ma questa volta non trovo nulla nella storia che non assomigli all’oggi se non ciò che c'era prima della Rivoluzione Francese. Anche se non ci manca la ghigliottina, sento la mancanza di Voltaire, forse anche di un Napoleone, insomma di qualcuno o qualche cosa che incarni un futuro possibile. Non voglio uno scarto di politicante, o un isterico comico, nemmeno un lungo o un tempo, voglio un libro. Un libro da mettere in mezzo al tavolo e lasciarlo crescere, che sia mattone e cemento di un futuro. Non voglio un libro che detti un'indiscutibile verità come una Bibbia, nemmeno un testo che faccia un’analisi scientifica come il Capitale, voglio qualche cosa di più quotidiano. Voglio un cielo grigio sopra un porto che sembri un televisore sintonizzato su un canale morto.
sabato 22 gennaio 2011
L'uomo senza parole
Le parole si bloccano o si travestono da baccanti umoristiche se cercano di parlare della situazione italiana sia politica che sociale. La rabbia si appallottola in un grumo di saliva che soffoca, allora bisogna lasciarla defluire piano, ridendo, perché non è più tempo di spiegazioni e di ragionamenti. Di fronte a tutto ciò non c’è nulla da analizzare o da capire, se non per scoprire che non è il fondo del pozzo e che c’è già chi sta scavando. La generazione dei nonni ha costruito, quella dei padri ha lasciato che ciò che c’era da finire diventasse libero di distruggere il costruito, la nostra ora deve pagare il prezzo di essere consapevole del declino, la nuova avrà almeno la possibilità di ricominciare senza eredità. Se guardo la fantascienza sorrido, temevamo il disastro nucleare, invece ci troviamo quello sociale, temevamo gli alieni ma covavano il nemico dentro, chiamavamo utopia un progetto e oggi facciamo di tutto per addormentarci e non sognare. Eccolo il postmoderno, l’assenza del desiderio, la mancanza del progetto di un futuro migliore, mentre ci accontentiamo che il domani sia poco meno peggio dell’oggi. Ma tutto ciò perché? Perché lo tolleriamo? Perché aspettiamo che la palla di rabbia nelle nostre gole esploda portandoci a fare cose che poi condanneremo nei libri di storia? Ho sempre pensato che gli U.S.A. fossero un anticipo del nostro presente e che, in un modo o nell’altro, avremmo seguito le loro evoluzioni; ma questa volta non trovo nulla nella storia che non assomigli all’oggi se non ciò che c'era prima della Rivoluzione Francese. Anche se non ci manca la ghigliottina, sento la mancanza di Voltaire, forse anche di un Napoleone, insomma di qualcuno o qualche cosa che incarni un futuro possibile. Non voglio uno scarto di politicante, o un isterico comico, nemmeno un lungo o un tempo, voglio un libro. Un libro da mettere in mezzo al tavolo e lasciarlo crescere, che sia mattone e cemento di un futuro. Non voglio un libro che detti un'indiscutibile verità come una Bibbia, nemmeno un testo che faccia un’analisi scientifica come il Capitale, voglio qualche cosa di più quotidiano. Voglio un cielo grigio sopra un porto che sembri un televisore sintonizzato su un canale morto.
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http://storiaincorso.wordpress.com/2011/01/23/angolo-bianco-luomo-senza-parole/
RispondiEliminaun libro che dovremmo riempire, parola per parola, di pensieri e azioni dei nostri giorni..
RispondiEliminaio mi vedo o isolata in qualche malga o a tirare sassi contro i palazzi. una specie di paralisi che mi estremizza i sentimenti e mi impedisce di costruire possibilità. vivacchio..
bella la foto
Crimilda: grazie :)
RispondiEliminamari: mi raccomando prendi bene la mira! ;)
non dico nulla sammybaby. è già stato detto troppo. (solo a mari che tira i sassi dalla malga volevo avvertirla che io c'ho le cuffie quando cammino. ecco...)
RispondiEliminai.
isa! *
RispondiEliminaSgo nella malga vicina a quella di Mari, io tiro con la fionda, ok?
RispondiElimina(feritinvisibili)
.. non sgo, ma sono nella malga vicina.. (che figuraccia, deve essere l'effetto del restare senza parole che succede...?)
RispondiElimina(sempre feritinvisibili)
feritinvisibili, va bene anche una catapulta! Purché ci porti fuori da questo momento
RispondiEliminati sei chiesto perché ti commentano solo donne sotto i quaranta?
RispondiEliminano, ma mi chiedo come tu faccia a sapere l'età...
RispondiEliminauna catapulta collettiva, d'accordo, mi prenoto
RispondiElimina(chissà se saranno ammessi i feritinvisibili
(feritinvisibi))
"oggi facciamo di tutto per addormentarci e non sognare"....frase assolutamente meravigliosa nella sua cruda verità
RispondiEliminaferitinvisibili, mi immagino che siano ammessi tutti quelli che voglio partire! :)
RispondiEliminaartisticapirro, :)
dalle aspettative nascoste tra i canti delle sirene
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