mercoledì 15 febbraio 2012

Ingranaggi





Sarebbe bello poter leggere il mondo come si legge l’ingranaggio di una macchina: ogni dente nel suo solco, ogni giro con il suo tempo. Oggi con il digitale sarebbe anche più facile,  basterebbe un po’ di codice per aggiustare le persone, i momenti e le grandi situazione. E’ forse il sogno dei dittatori pensare che ogni persona sia un ingranaggio e non un organismo autonomo e pensante. Purtroppo nemmeno gli osservatori di formiche sono riusciti a trovare un modello per la realtà. Forse perché un modello non c’è, un po’ come per il traffico nelle ore di punta: basta una piccola variazione e tutto cambia, così una città di solito satura appare per pochi secondi deserta. Basta sporgersi un istante nell’idea che tutto sia macchina, meccanica, di sola materia per sentirsi come sul bordo dell’abisso, con il panico che sale come una corrente d’aria gelida. Io ero, e credo di esserlo ancora, di quei bambini che non potevano fare a meno di aprire i propri giocattoli, tanto più questi erano amati. Era una forma di godimento personale, di possesso assoluto, di fusione con l’oggetto stesso. Poi si cresce e i meccanismi si complicano perché entrano in gioco le persone, i gruppi, le società, la Storia, però rimane qual profondo desiderio di capire la macchina, di strappare la carrozzeria con tutte le luci, per vedere cosa genera l’illusione. Hugo Cabret cercava di capire i meccanismi per riparare al passato, di solito lo si fa per capire il futuro, ma la tenacia, di chi si lega alla propria razionalità per superare l’orizzonte del presente, è la stessa. La sua “legge della natura” era la meccanica, oggi sarebbe la fisica quantistica, prima ancora era la filosofia. Ma la cosa che gli invidio era di vivere dentro ad un orologio, di essere circondato dal suo modello di perfezione. La cosa che spero è, che  indipendentemente da un eventuale premio Oscar, Dante Ferretti entri nella testa della gente come il costruttore di vero mondo immaginario e non dimenticato come tanti scopiazzatori di questa realtà imperfetta.


Foto: Missing gears, 15 febbraio 2012

domenica 5 febbraio 2012

La prima pietra


Fa un po’ strano vederlo solo nella casa vuota, come un invitato ad una festa arrivato troppo presto. Però mi piace che in questi giorni l’attenzione si sia rivolta su di lui, sul suo colore intenso, che tutte le carezze siano state per la sua pelle. Se fosse arrivato un po’ più tardi magari sarebbe passato in secondo piano, al peggio liquidato come una scelta eccentrica. Per me è una promessa di abbracci, di fredde serate chiuse tra lui e un libro, di sogni confusi nel sonno pomeridiano. Solo ora che l’ho davanti mi rendo conto che sto realizzando il mio progetto, che ciò che fino a poche settimane fa era un’annebbiato divenire, oggi si sta concretizzando pezzo per pezzo. E forse non è un caso che il primo pezzo sia questo divano che ho tanto desiderato, che ho immaginato e descritto, non l’ho scelto in una vetrina o su un catalogo. Come un pioniere in una prateria ho tracciato un segno e dal quel segno è nata una casa, il mio segno è questo pezzo di arredamento, intorno ad esso crescerà una casa, nella speranza che chi la veda pensi: è proprio la tua casa.





foto: divano, 4 febbraio 2012