lunedì 8 agosto 2011

Le stelle cadenti non lasciano cicatrici


In fondo siamo tutti sotto lo stesso cielo e guardandolo, possiamo immaginare, di comunicare come attraverso una rete che non richieda interfacce. Non bisogna guardare troppo lontano ma solo dove le nuvole attirano lo sguardo. E’ il nostro tetto domestico e siamo tutti figli di un padre impietoso che non ci concede consolazione, non ci lascia tregua. Non ci porge una mano carezzevole con dentro una felicità che si possa costruire e coltivare, ma affonda anche quelli che lo venerano nel nostro stesso nulla, a volte in dolori che non si riescono a raccontare. Tutti uguali nel presente ma distinti da un futuro personale ipotetico. Amleto temeva i sogni eterni più del suo presente, Ofelia temette di più il presente. Mi piace immaginare che i pensieri rivolti al cielo impattino contro la volta e rimanendo attaccati scivolino lungo di essa fino ad una mente in ascolto da qualche parte del globo. Come un radioamatore annoiato che giocherelli con le frequenze. Forse dovrei chieder prima scusa ai riceventi: come sempre mi sembra che ogni cosa pensata e poi detta diventi banale; scritta non vale più di un party con personaggi di cartone. Oppure mi piace insultare la Luna che tante ne ha viste, e da testimone muta si è limitata a passeggiare tra i pensieri in scorrimento senza donare un solo istante della propria maturità. Altro che missile in un occhio! Arriveranno gli americano, o i cinesi, a scavarti come una miniera galleggiante e ci ricorderemo di te solo come un cantiere dimenticato, con i vecchietti in tuta spaziale a commentare i lavori. Venerdì sera ho scoperto che in autunno uscirà l’I-phone nuovo e sarà “una figata”, mi è dispiaciuto non saper vomitare a comando.



foto: finto cielo su vero Fontana riflesso nel Museo del '900.

4 commenti:

  1. c'è già la fila adesso, davanti agli applestore

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  2. c'è ansia di felicità, che invidia!

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  3. àh, pensavo di stare scherzando..
    http://www.iphone5experiment.com/

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  4. andiamo di notte, lo narcotizziamo e lo spostiamo davanti ad un negozio qualsiasi di Bogotà...

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