
Non è stato facile superare la prima impressione ma poi ho capito perché Venezia mi imprigiona. Non tanto per i vicoli incantevoli, spesso deserti, tra antichi palazzi e luci timide. Non tanto per i canali che tagliano il passo come venti improvvisi. Non certo per il turismo. Nemmeno per il mare vicino o per il clima. Venezia ha due dimensioni: la prima è quella di città da visitare, da consumare, da raccontare condendo di dettagli romantici e buffi aneddoti sulle gondole, la seconda è più intima e si chiude in una mano. Se ti fermi un po’ di più e lasci che si racconti, alla fine si arrotolerà come un gatto e potrai prenderla nel palmo di una mano. Potrai camminarla, non senza fatica, ma con gusto e le strette vie diventeranno domestiche. Le osterie saranno rifugi ospitali e i canali non ti taglieranno più la strada. Ciò che a Venezia non c’è è il tempo, che si è dovuto fermare, non per incantarla in un passato remoto, ma in un eterno presente di resistenza. E’ il suo carattere e non permette a nessuno di scorrerla veloce e distratta, né in bicicletta né in automobile. Chi vuole consumarla in un giorno viene relegato ai margini dove si incanterà a gustare dal vivo il già visto e se ne andrà con il dubbio di essersi perso qualche cosa. Gli incantati , come me, si struggeranno per sempre nel desiderio di raccontarla e paura di essere banali, ma non potranno resistere. Forse Venezia non vuole ospitarti, vorrebbe adottarti per sempre.
foto: Vik Muniz, Untitled, Biennale di Venezia Esposizione Internazionale d'Arte 2011. Qui le altre su Venezia e la Biennale.
foto: Vik Muniz, Untitled, Biennale di Venezia Esposizione Internazionale d'Arte 2011. Qui le altre su Venezia e la Biennale.