venerdì 11 dicembre 2015

In punta di matita

Pavese scrisse di quanto è difficile costruirsi su sé stessi, ogni volta, dopo ogni caduta, dopo ogni mancanza scoperta e divenuta insostenibile. Ed è difficile prendere il fardello di delusioni che avevamo fatto finta di dimenticare e rimetterselo davanti agli occhi, frugarci dentro, come in un vecchio baule abbandonato in solaio. Si tirano fuori cose che a prima vista sono nuove ma poi ti investe  quel ricordo, spesso amaro. Come se si misurasse la distanza tra il reale e il desiderato passando la lingua su un immenso limone. Affrontare il limite non basta, nemmeno, una brava e comprensiva insegnante finalmente trovata, è sufficiente, serve un tocco divino che compensi una lacuna nella propria creazione. Ad ogni passo c’è un inciampo e un livido, ma è  indescrivibile la dolcezza di un piccolo successo. Così resto incantato a guardarmi fuori da me, sulle sudate carte, felice di vedermi nuovamente appassionato. Alla fine del sentiero troverò un altro pezzo che cercavo da usare in qualche modo e strada facendo imparerò a tracciare mappe, questa volta da conservare. Così quella sera avrò qualche cosa da raccontarti, da mostrarti, che non siano le solite cicatrici.


Foto: Disegno numero 1. 10 dicembre 2015

sabato 17 ottobre 2015

Sole da mangiare


Dopo una settimana di pioggia grigia, caduta a piccole gocce dispettose, una giornata di sole va mangiata. Va inghiottita e messa dentro al torace. L’unico posto chiuso frequentabile è il negozio di colori di Brera; poi subito via, verso il Parco. Così che ti ritrovi in un attimo su una panchina, il sole caldo seduto vicino, le famiglie che passeggiano, le ragazze che corrono, un sax lontano che suona. Non vado nemmeno a cercarlo, non voglio vederlo, mi piace immaginare che sia una musica che venga da fuori quadro come una colonna sonora. Resto li e mangio autunno. Il libro che ho con me è un Erri De Luca, quello condannato da chi sa leggere la legge ma non la capisce. E’ un libro di strade iniziate, come i segni che indicano i sentieri in montagna. Dalle prime pagine prendo un nome Menahem Zemba e una frase “Gli insorti del ghetto cercavano di mettere in salvo i poeti, gli scrittori. Così fanno gli alberi circondati dalle fiamme: scaraventano lontano i loro semi.”. Ho mangiato ma non sono sazio, ma ho assaggiato la serenità e ora devo cucinarmela.

Foto: Al parco, 17 Ottobre 2015

venerdì 11 settembre 2015

Il cielo è indifferente


Il cielo è indifferente.
Quando indifferenti sono gli uomini, allora li giudichiamo ingiusti.
Come dovremmo giudicare ora questo cielo?



Foto: Agosto 2015