sabato 22 novembre 2014

Questo sabato


A volte capitano questi sabato mattina quasi perfetti. Una notte segnata da strani sogni e un risveglio lento, ma senza colpe. La colazione lenta e il proposito di uscire che non si dissolve in immaginari ostacoli. Il freddo leggero, il sole, la poca gente sulle strade. Un venditore di Terre di Mezzo ti sfodera un mazzo di testi tra i quali spunta proprio quello che forse cercavi, di cui avevi sentito e che forse volevi. Via Tadino e dintorni colorano di domestica tranquillità una città globalizzata. Un gentile addetto della Provincia ti appare orgoglioso del suo lavoro. Giacometti ti circonda di gambe lunghe e ti parla di esistenze, di imperfezioni della realtà rispetto al desiderio. Non sono le stesse gambe lunghe che ti precedono sui marciapiedi di Corso Venezia. Sei felice di esserti portato la macchina fotografica e non la lasci sonnecchiare. Nulla ti spinge, nulla ti trattiene. Una quasi perfetta mattina di sabato. Quel quasi che resta nei sogni che hanno segnato la notte.



Foto: This is an apple. 22 Novembre

mercoledì 19 novembre 2014

La goccia sulla bottiglia


La goccia aggrappata al bordo della bottiglia trattiene il fiato ascoltando il tutto. Ascolta i rumori nella gente del ristorante, sente il freddo del vetro, sente il liscio del bordo a cui si aggrappa. Non sa come sia finita in quel posto né da dove venga. Potrebbe essere un goccia  sfuggita nel versare il liquido nel bicchiere, potrebbe essere condensa dell'aria aggregata in un punto, ma potrebbe anche essere lo sputo di un cameriere. Non importa, ciò che importa è che essa è. E' li ed è lei, e sente, e resta sospesa per un tempo indefinito. I sensi funzionano e lei accoglie le sensazioni dentro di sé. Io ho un blocchetto di piccoli fogli carta che sono l'archivio storico del mio umore, delle mie ansie e serenità. Sono l'appunto delle mie proiezioni e del mio rintanarmi. Il blocchetto non ha parole e ma solo scarabocchi: linee curve e rette, punti, trattini, tutti di vari colori. Sono un codice che io so leggere, e forse anche gli altri se sapessero che quel libretto è qualche cosa che si può leggere. E' un linguaggio semplice eppure non percepibile, come la voce di una goccia sul bordo di una bottiglia. Ascoltiamo.


Foto: Lago di Verbania, ottobre 2014.

venerdì 26 settembre 2014

Ciao



Margherita fissava dalla finestra il postino varcare appena la soglia del cortile per depositare la posta. La pelle bianca in contrasto con il nero dell'uniforme risaltava sotto il sole di mezzogiorno benché mezzo viso fosse protetto dall'ombra del berretto, una mano in tasca e l'altra fugacemente fece passare una lettera di color verde tenue nella cassetta violentemente rossa delle lettere. Il colore della busta annunciava un invito a qualche rituale festa per i genitori, un richiamo alla leva degli adulti arruolati nell'esercito del corretto comportamento sociale. Non si mosse per andare a prenderla tanto non era per lei. Fino a qualche settimana prima si sarebbe buttata come una donna in fuga da un incendio, giù per le scale, diritta in salotto, lungo il vialetto per prenderla. Avrebbe strappato con i denti la busta e l'avrebbe letta d'un fiato mentre rientrava lentamente, un'altra volta l'avrebbe riletta sulle scale, un'altra volta al tavolino e decine di altre finché non le fosse venuta l'ispirazione per la risposta. Ma questo valeva solo per le lettere di Oliver. Da due anni era iniziato questo fitto scambio di lettere, quasi quotidiano, tanto che un possibile ritardo poteva mettere in allarme sia lei che il postino. Aveva iniziato lei rispondendo ad un suo annuncio sul giornale, l'aveva intrigata l'idea di dialogare, anzi chiacchierare, con uno sconosciuto lontano che mai avrebbe incontrato, per promessa fatta a sé stessa. Racconti, pettegolezzi, giochi di parole, commenti sulla cronaca, confidenze, di tutto si erano scritti, in un dialogo che sembrava inesauribile. Poi all'improvviso cadde il silenzio, dopo una lettera di lei, non più lunga o più breve, non più densa o leggera, delle altre. Ne scrisse un'altra, poi un'altra cambiando il colore della busta, ma non arrivò più nessuna risposta. Lui le aveva scritto in passato di un momento difficile, forse una malattia, ora un ombra si faceva largo dando corpo ad un presentimento, come un fumo nero che invade una stanza. Restava nelle ore libere in una specie di ozio, seduta al tavolino, con i fogli ben ordinati e la penna appena intinta nell'inchiostro. Il polso piegato leggermente lasciava cadere sul foglio qualche goccia azzurra, come se questa volesse sfuggire ed andare a svolgere il proprio compito autonomamente sulla carta. Lo sguardo puntava al cielo, ma non scriveva, pensava. Immaginava di raccontare ad Oliver i suoi pensieri, svolgendoli ordinatamente come se fossero scritti. "Ciao" iniziava e srotolava lettere lunghissime che non scriveva, ma che spediva col pensiero, verso quel mondo non fatto di materia, dove forse lui le poteva ancora leggere.

Foto: Papers, Settembre 2014  ( handwriting base image by aliexpress.com )