lunedì 27 settembre 2010

Ride nella pioggia



Ho colto un pizzico di felicità dentro una malinconia, come la certezza di una gioia esistente ma distante. Ho il pensiero di un sapore che resta sulle labbra mentre il treno si allontana.



Foto: settembre 2010, Milano

martedì 21 settembre 2010

L'equilibrio è necessariamente incompleto


Sono poche le cose che si completano e la trasformazione è il destino comune all’universo. Se non esistesse la teoria del “Big Bang” mancherebbe una logica spiegazione, anche se fosse errata, per giustificare questo andare avanti come sospinti da un’onda d’urto. Quando si esaurirà questa spinta? Oppure non stiamo procedendo in modo lineare ma in modo circolare o caotico? Pensavo al film “Il compleanno” di Marco Filiberti e alla sensazione di mancanza che mi ha preso alla fine. Forse non è il “mio film” però levo il cappello ad uno splendido gruppo di attori e ad una regia che andrebbe elencata tra i protagonisti del film. La storia non è incompleta, lo è il mio percepirla. La scena finale cerca di chiudere con un episodio una vicenda che non si può chiudere e ritorna quel mio desiderio di curiosità per i personaggi secondari. Chi è quella coppia che ogni tanto sbuca? Perché sembrano così affiatati e felici? Sono esibizionisti millantatori o rappresentano la speranza nella felicità che non deve morire mai? Di sicuro anche per i protagonisti la vita non raggiunge un equilibrio ma si trasforma, o si sfalda, e diventa altro. E allora la solitudine è una condizione di minimo potenziale che permette più equilibrio? Oppure è il gruppo che consente un appoggio più stabile? Patrizia Laquidara canta che l’equilibrio è un miracolo, e lo è sia quando è statico sia quando è dinamico, distesi o a grande velocità, in ogni caso cambia sempre. Non barare, devi comunque guardare in basso.



foto:manichino seduto in una vetrina di via Fara, 18 settembre 2010

lunedì 13 settembre 2010

Un giaciglio lasciato con molta fretta


Fragile è la definizione di casa, in bilico tra dove si abita e dove si vorrebbe vivere. Spesso è un luogo indefinito, e i più fortunati trovano la propria casa dentro se stessi e possono vivere ovunque. La mia casa è un progetto che cerca di assomigliarmi, che cerca di farsi riconoscere da chi mi conosce. Forse è qualche cosa di atavico: la ricerca del primo abbraccio appena nati, quel dolce conforto dopo un brusco strappo dalla pace. Eppure c’è chi vive senza casa, alla continua ricerca o alla continua fuga. C’è chi vive negli alberghi del “chi va là”, con la paura che i propri piedi possano essere imprigionati dalle radici. Eppure migliaia di case hanno nuovi ospiti, migliaia di case sorgono lungo i bordi delle strade, nei prati, nei boschi, lungo le coste. Cose belle come case diventano cose brutte chiamate "mostri ecologici", che sarebbe meglio chiamare illogici. Ogni casa è qualche cosa di nuovo che nasce e qualche cosa di vecchio che scompare, non è progresso e nemmeno evoluzione, sembra quasi una mitosi dell'architettura.
La casa di molti è un nulla, un luogo abbandonato e ostile, una collezione di oggetti raccattati che i proprietari precedenti hanno considerato come rifiuti. Queste sono case da cui bisogna essere pronti a scappare in fretta. Queste sono case che sorgono negli angoli, spesso del centro di una grande città europea. Una infinità di case invisibili e senza catasto, tristi quando le incontri e fastidiose alla morale, quella stessa morale che si poggia sul racconto di un re nato in una grotta. Le persone non si possono giudicare dalla casa in cui abitano, ma da quanto sanno essere accoglienti per quelli che li vengono a trovare.



foto: Milano, 11 settembre 2010, Garage dismesso.

domenica 12 settembre 2010

Permettimi un ultimo bacio prima di andare


Lasciatemi il gusto tutto mio di esagerare, di ingigantire il piccolo mostrandone solo un’ombra e farne un gigante. Permettetemi di usare la metafora bellica che non amo come similitudine del quotidiano, del resto come saprei come meglio descrivere questo sempre presente senso di precarietà biologica, affettiva e comportamentale. Come un cecchino sempre in agguato, l’istante dopo potrebbe essere l’ultimo. Come fanno gli amanti a smettere di baciarsi? Perchè smettono?
Come un cane randagio mi aggrappo alla ciotola, domani potrebbe non essercene un’altra. Mi fermo a guardare il riflesso argenteo della mia armatura disegnare raggi a sezione pentagonale contro il muro scalcinato di un vicolo e, prima di andare, penso che non ci sia scelta: bisogna morire da vivi.




foto: Scacchi, agosto 2010